Un anno di pandemia ha dimostrato che anche nell’arte essere nel mondo digitale è sempre più importante. È necessario esserci a una condizione: organizzare e pianificare la comunicazione.

Il primo grande colpo che la pandemia ha inferto al mondo dell’arte è stato in vista di Art Basel Hong Kong agli inizi del 2020. Poco prima, alla fine del 2019, l’economista Clare McAndrew nel rapporto The art Market 2020 aveva valutato il mercato dell’arte in Cina il 18% di quello mondiale. La chiusura di Art Basel Hong Kong fu un colpo inaspettato e costrinse gli organizzatori a ripensare ad una nuova possibilità: l’online.
Poi fu la volta dell’Italia, dove nel febbraio 2020 a causa delle misure anti pandemia saltarono le fiere di Milano. E con le fiere, i musei, le gallerie, gli opening e tutti gli eventi in programma. Da quel momento è diventato necessario trovare nuove forme per comunicare, valorizzare e vendere l’arte.

Fruitori digitali e frequentatori di mostre e musei sono le stesse persone?
Forse non è lo stesso pubblico, quello online e quello offline. Online è più ampio, eterogeneo, già abituato alla digitalizzazione di altri settori come la moda e il lusso, che si sono adeguati prima.
Sappiamo che il lockdown ci ha cambiato le abitudini. Ci ha costretti a sperimentare le potenzialità della rete anche in settori dove prima le attività virtuali non erano così poi scontate. Nel settore culturale e in quello artistico si sono scoperte nuove potenzialità, si è ritrovato il pubblico fidelizzato e si è trovato un pubblico nuovo.
I musei, le fiere, gallerie private, hanno dovuto attrezzarsi, curando la presenza digitale e proponendo video, opening, virtual tour, viewing room, articoli, podcast, per farsi conoscere. Le mostre si vedono dal divano di casa e Google ha organizzato lo show virtuale sulla vita e il lavoro di Frida Kahlo con oltre 30 musei del mondo. In questo articolo parlo della presenza digitale dell’arte dopo il lockdown.

Nel sovraffollamento di contenuti digitali è la qualità a conquistare e a diffondersi col passaparola. I fruitori sono produttori di contenuti.
Poiché ciascuno di noi è un produttore di contenuti, attraverso i social network, per prima cosa, la qualità sarà premiata proprio a partire dalla soddisfazione dei fruitori. Guardare un bel video, ascoltare un podcast fatto bene, un tour virtuale perfetto, farà condividere il contenuto di partenza molte e molte volte. Casi eccelsi ce ne sono stai tanti, quello della Fondazione Guggenheim di Venezia e la Pinacoteca di Brera sono tra i migliori progetti di co-branding nel mondo dell’arte.
Mentre scrivo questo articolo mi appare la pubblicità Facebook della Triennale, con la mostra di Enzo Mari e il messaggio “Sempre aperta a casa tua”. Però più di Facebook sembra Instagram il social network che ha avuto più successo nel mondo dell’arte.
Il 25% di chi ha acquistato un’opera d’arte nel 2020 lo ha fatto direttamente da Instagram. L’87% utilizza questa piattaforma per scoprire nuovi artisti e per trovare opere da acquistare. (fonte Insideart)

Il mondo dell’arte ha avuto la capacità di reinventarsi ma siamo solo agli inizi.
E il mondo dell’arte ha una responsabilità nel benessere degli individui, visto che è stato dimostrato il suo effetto benefico persino nella neuro riabilitazione (l’effetto Michelangelo, dallo studio a Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma)
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